
Come genitori, sappiamo bene quanto sia difficile trovare sempre le parole giuste. La stanchezza, la fretta e le emozioni possono portarci a dire frasi che non rispecchiano il nostro reale intento educativo. Spesso si tratta di espressioni comuni, che abbiamo sentito a nostra volta da bambini e che tendiamo a ripetere in automatico.
Eppure, alcune frasi possono avere un impatto significativo sullo sviluppo emotivo dei nostri figli. Non perché “danneggino” immediatamente, ma perché rischiano di trasmettere messaggi profondi e duraturi su emozioni, autonomia e autostima.
In questo articolo scopriremo 5 cose che è meglio non dire ai bambini, spiegando perché sono dannose e quali alternative possiamo utilizzare per crescere figli più consapevoli, sicuri e liberi di esprimersi.
Il pianto è uno dei primi strumenti che i bambini hanno per comunicare. Non è solo un segnale di dolore o di frustrazione, ma un modo per chiedere attenzione, contatto e comprensione.
Quando diciamo “smettila di piangere”, rischiamo di mandare due messaggi impliciti:
Il problema non è tanto il pianto in sé, ma l’incapacità, con questa frase, di riconoscere ciò che il bambino sta vivendo.
Questo può insegnargli, nel tempo, a nascondere le emozioni, a vergognarsi della propria vulnerabilità o a reprimere sentimenti di tristezza e rabbia.
Così facendo, non solo legittimiamo l’emozione, ma accompagniamo il bambino nel processo di autoregolazione.
Questa frase è molto diffusa e spesso legata al bisogno, da parte dei genitori, di far rispettare rapidamente una regola.
Tuttavia, l’obbedienza cieca non insegna autonomia, né responsabilità.
Un bambino che cresce sentendosi dire “perché lo dico io” rischia di interiorizzare un modello autoritario, in cui l’autorità non va messa in discussione. Questo può avere due effetti negativi:
Un bambino che comprende il senso delle regole sarà più propenso a rispettarle anche in nostra assenza, perché ne avrà interiorizzato il valore.
Molti genitori, inconsapevolmente, usano i sensi di colpa per ottenere l’obbedienza.
Dire al proprio figlio che ci fa soffrire con un comportamento significa legare la sua identità al nostro stato emotivo.
Il bambino, spinto dalla naturale empatia, può imparare a compiacere gli altri per evitare conflitti o sensi di colpa.
Nel lungo periodo, questo rischia di renderlo vulnerabile a relazioni manipolative, dove l’altro utilizza i sentimenti come leva di controllo.
In questo modo insegniamo al bambino la differenza tra emozione e colpa, favorendo relazioni più sane e rispettose.
Molti genitori vivono con naturalezza il contatto fisico con i propri figli, ma non bisogna dimenticare che anche i bambini hanno diritto a stabilire i confini del proprio corpo.
Costringerli a dare un bacio o un abbraccio quando non lo desiderano può trasmettere un messaggio pericoloso: “chi ti ama ha diritto sul tuo corpo”.
Questo mina la capacità del bambino di dire no in situazioni future, anche in contesti più delicati come l’adolescenza o la vita adulta.
Così aiutiamo i bambini a sviluppare la consapevolezza del proprio corpo e il diritto a stabilire limiti chiari, fondamentali per la loro sicurezza e autostima.
Questa frase nasce spesso dalla frustrazione dei genitori, ma porta con sé un messaggio pesante: l’amore è un sacrificio, e il figlio è in debito.
Un bambino che cresce con questa convinzione può sviluppare un senso costante di colpa, oppure l’idea che l’amore implichi necessariamente sofferenza e rinuncia. Nel lungo periodo, ciò può influenzare negativamente le sue relazioni affettive.
Questo messaggio aiuta il bambino a percepire l’amore come una relazione basata sul piacere della condivisione, non sul sacrificio.
La psicologia dell’infanzia ci insegna che le parole hanno un enorme potere: contribuiscono a costruire l’immagine che il bambino ha di sé, degli altri e del mondo. Ogni frase può diventare una lente attraverso cui interpreta la realtà.
Ecco perché è importante imparare a sostituire espressioni che nascono dall’automatismo con altre più consapevoli. Non significa essere genitori perfetti – non lo è nessuno – ma lavorare ogni giorno per essere genitori “sufficientemente buoni”, come diceva lo psicoanalista Donald Winnicott.
Essere genitori non significa non commettere errori, ma avere la capacità di riflettere e migliorare. Le frasi che diciamo ogni giorno possono sembrare banali, ma in realtà formano il terreno emotivo su cui i nostri figli costruiranno la loro autostima e le loro relazioni future.
Ogni parola può essere un seme.
Scegliamo con cura ciò che piantiamo nel cuore dei nostri figli.
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