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I ricordi traumatici e il presente: cosa dicono le Neuroscienze

I ricordi traumatici e il presente: cosa dicono le Neuroscienze

Le Neuroscienze hanno fatto un significativo passo avanti nella comprensione dei ricordi traumatici; rivelando che il cervello processa queste esperienze non come semplici memorie del passato, ma come eventi vissuti nel presente.
Questa scoperta, derivante da studi recenti, non solo modifica la comprensione tradizionale del Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD), ma apre nuove prospettive terapeutiche per i sopravvissuti ai traumi.

Il PTSD è una delle patologie psicologiche più complesse e pervasive. Colpisce individui che hanno vissuto eventi traumatici profondamente destabilizzanti, come violenze, conflitti armati, incidenti gravi, disastri naturali o abusi prolungati.

Sintomi debilitanti

I sintomi del PTSD sono eterogenei e spesso estremamente invalidanti.
Comprendono:

  1. Flashback intrusivi, durante i quali l’individuo rivive il trauma come se fosse ancora presente.
  2. Incubi ricorrenti, che ripropongono il trauma durante il sonno, interferendo con il riposo.
  3. Attivazioni neurofisiologiche improvvise, come accelerazione del battito cardiaco o sudorazione, scatenate da stimoli associati al trauma.
  4. Evitamento e dissociazione, ovvero comportamenti o stati mentali che cercano di sfuggire al ricordo traumatico.

Questi sintomi mantengono il paziente in uno stato di perenne allerta, con una sensazione di pericolo imminente che compromette le relazioni interpersonali, il lavoro e il benessere generale.

L’effetto dei ricordi traumatici

A differenza dei ricordi normali, che vengono richiamati alla mente con una consapevolezza temporale, i ricordi traumatici sono caratterizzati da una vividezza così intensa che il paziente sente di rivivere l’evento. Questa esperienza genera una disconnessione tra passato e presente, contribuendo a un circolo vizioso che amplifica la sofferenza emotiva.

Cosa avviene nel cervello

Uno studio pubblicato su Nature Neuroscience, condotto da un team dell’Università di Yale e della Scuola di Medicina Icahn presso il Mount Sinai, ha offerto nuove intuizioni sui ricordi traumatici attraverso l’utilizzo di tecniche di neuroimaging avanzate.
I ricercatori hanno sottoposto pazienti con PTSD a scansioni cerebrali mentre ascoltavano registrazioni dei propri ricordi suddivisi in tre categorie:

  1. Ricordi neutri, associati a eventi privi di significato emotivo.
  2. Ricordi tristi, legati a esperienze dolorose ma non traumatiche.
  3. Ricordi traumatici, legati all’evento traumatico che ha originato il disturbo.

Le scansioni cerebrali hanno rivelato una netta differenza nell’elaborazione dei ricordi:

  • Ricordi tristi: Attivazione dell’ippocampo, una regione cerebrale responsabile della memoria contestuale e della collocazione temporale delle esperienze.
  • Ricordi traumatici: Attivazione della corteccia cingolata posteriore (CCP), una regione associata al pensiero interno e all’introspezione.

Questa scoperta è rivoluzionaria, poiché sposta l’attenzione dal tradizionale coinvolgimento dell’amigdala (associata alla paura) e dell’ippocampo, ponendo al centro della scena la CCP.

Significato della corteccia cingolata posteriore

La CCP non è tipicamente coinvolta nei processi di memorizzazione. È, invece, associata alla rappresentazione dell’esperienza interna, come la riflessione o l’immaginazione. La sua attivazione suggerisce che i ricordi traumatici non vengono percepiti come memorie statiche, ma come esperienze attive nel presente. Questo spiega il motivo per cui i sopravvissuti al trauma si sentano “intrappolati” nel ricordo.

Implicazioni terapeutiche: riorganizzare i ricordi traumatici

Le scoperte neuroscientifiche hanno importanti implicazioni per il trattamento del PTSD, aprendo nuove strade per interventi terapeutici mirati.
L'obiettivo di molte terapie, come l’EMDR (Eye Movement Desensitisation and Reprocessing) o la terapia di esposizione prolungata, è aiutare i pazienti a rielaborare i ricordi traumatici in modo da contestualizzarli temporalmente. Ciò significa trasformare i ricordi in esperienze che appartengono al passato, anziché percepirli come eventi attuali.
Una parte del lavoro terapeutico consiste nell’attivare e potenziare l’ippocampo, così che possa integrare i ricordi traumatici nel sistema della memoria ordinaria. Questo processo consente di “neutralizzare” la carica emotiva devastante del ricordo, riducendone l’impatto sulla vita quotidiana.

Nuove prospettive terapeutiche: Mindfulness e neuroscienze

Oltre alle terapie già consolidate, la Mindfulness si sta dimostrando un approccio promettente per il trattamento del PTSD. Questa pratica, che si focalizza sull’accettazione e sulla consapevolezza del momento presente, può aiutare i pazienti a riconoscere i ricordi traumatici come semplici pensieri o emozioni, senza esserne sopraffatti.

La Mindfulness ha dimostrato di attivare aree cerebrali coinvolte nella contestualizzazione e nella regolazione emotiva, come la corteccia prefrontale. Secondo la dottoressa Ruth Lanius, esperta di PTSD, questa pratica può essere integrata nelle terapie tradizionali per aumentare l’efficacia del trattamento. I risultati incoraggianti delle Neuroscienze rappresentano un importante passo avanti nella comprensione del PTSD, ma è solo l’inizio. Nonostante i progressi terapeutici, ogni paziente risponde in modo diverso ai trattamenti, rendendo necessario un approccio individualizzato. Le nuove scoperte offrono una solida base per sviluppare interventi più efficaci, mirando a restituire ai sopravvissuti il controllo sulla propria vita e a liberarli dall’oppressione di ricordi traumatici che sembrano intrappolare la loro esistenza nel passato. La strada da percorrere è ancora lunga, ma queste ricerche segnano una direzione promettente verso un futuro in cui il PTSD possa essere compreso e trattato con maggiore efficacia e umanità.

Dott.ssa Sara Di Febo
Psicologa Psicoterapeuta Pescara e Montesilvano


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