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Il ruolo della famiglia nel disturbo ossessivo compulsivo nei bambini: cosa sapere e come agire

Il ruolo della famiglia nel disturbo ossessivo compulsivo nei bambini: cosa sapere e come agire

Capire il disturbo ossessivo compulsivo nei bambini

Il disturbo ossessivo compulsivo (DOC) è un problema d'ansia che può colpire anche i bambini. Si manifesta con pensieri intrusivi e ripetitivi (le ossessioni) e con azioni o rituali ripetuti (le compulsioni) che il bambino sente di dover fare per placare l'ansia. Non si tratta di semplici preoccupazioni o abitudini, ma di comportamenti che occupano molto tempo nella giornata, influenzando le attività quotidiane e la serenità familiare.
Ad esempio, un bambino potrebbe sentirsi obbligato a lavarsi le mani in continuazione per paura di sporcarsi, oppure a controllare più volte di aver chiuso una porta. Se notate che vostro figlio trascorre ore su certe attività o che insiste in comportamenti ripetitivi senza una ragione apparente, potrebbe trattarsi di un segnale importante. È un disturbo che colpisce circa il 2-3% dei bambini e può presentarsi con tematiche diverse a seconda dell'età, come la paura di contaminazione, il bisogno di simmetria o persino pensieri religiosi o sessuali durante l'adolescenza.

Perché la diagnosi è difficile?

Riconoscere il DOC nei bambini non è sempre semplice. I sintomi, infatti, possono essere scambiati per capricci o atteggiamenti oppositivi. Inoltre, i bambini tendono a nascondere questi comportamenti, soprattutto a scuola, per paura di essere giudicati. A casa, potreste notare segnali indiretti, come un tempo eccessivo passato in bagno o in camera, oppure reazioni sproporzionate quando non riescono a seguire un rituale.

L'impatto della famiglia sul disturbo

La famiglia gioca un ruolo centrale nel DOC, sia nello sviluppo che nel mantenimento del disturbo. I bambini trascorrono molto tempo con i genitori, ed è naturale che cerchino rassicurazioni o che coinvolgano mamma e papà nei loro rituali. Questo meccanismo viene definito "family accommodation" e si riferisce al modo in cui i familiari, spesso inconsapevolmente, assecondano i sintomi del bambino.
Ad esempio:

  1. Rassicurano ripetutamente il bambino sui suoi dubbi.
  2. Modificano la routine familiare per adattarsi ai rituali del figlio.
  3. Aiutano direttamente il bambino a completare un'azione compulsiva.

Nonostante l'intenzione sia quella di proteggere il bambino e alleviarne l'ansia, questo comportamento può rafforzare il disturbo, aumentandone la frequenza e l'intensità.

Le risposte dei genitori: accomodanti o antagoniste?

I genitori reagiscono al DOC in modi diversi. Alcuni scelgono un approccio accomodante, assecondando i rituali del bambino per evitare conflitti o disagi. Altri, invece, adottano un atteggiamento antagonista, criticando il comportamento del figlio e cercando di interrompere i rituali anche con imposizioni rigide. Entrambi gli approcci, se portati all'estremo, rischiano di peggiorare la situazione:

  1. L'atteggiamento accomodante può far sentire il bambino dipendente dai genitori per gestire l'ansia.
  2. L'approccio antagonista, invece, può aumentare la tensione in famiglia e alimentare sentimenti di colpa o stress nel bambino.

Cosa rende un bambino più vulnerabile?

Alcuni fattori familiari possono aumentare il rischio di sviluppare o aggravare il DOC; tra questi troviamo:

  1. Un ambiente critico o ostile.
  2. Un'eccessiva protezione da parte dei genitori.
  3. Un controllo rigido o una mancanza di fiducia nelle capacità del bambino.
  4. La presenza di disturbi d'ansia nei genitori.

Questi aspetti possono spingere il bambino a sviluppare una visione del mondo come luogo pericoloso, rafforzando comportamenti evitanti e preoccupazioni.

Come può intervenire la famiglia?

Visto il ruolo cruciale che la famiglia gioca nel disturbo, è essenziale che i genitori siano coinvolti nel trattamento del DOC. La terapia più efficace è la terapia cognitivo-comportamentale (CBT), che può essere combinata con un supporto farmacologico nei casi più gravi.
Tuttavia, per ottenere risultati migliori, il coinvolgimento attivo della famiglia è fondamentale.
Ecco cosa possono fare i genitori per supportare il trattamento del loro bambino:

  1. Informarsi sul disturbo (psicoeducazione): Comprendere che il DOC è un problema reale, non una questione di volontà o capricci, aiuta a evitare critiche o atteggiamenti ostili. È importante attribuire i sintomi al disturbo e non al carattere del bambino.
  2. Apprendere strategie pratiche: I genitori possono imparare tecniche per gestire i sintomi del figlio. Ad esempio:
    • Ignorare i comportamenti compulsivi invece di rassicurarli.
    • Premiare i comportamenti positivi con un sistema a punti (token economy).
    • Aiutare il bambino a regolare le proprie emozioni.
  3. Partecipare all'esposizione e prevenzione della risposta (EX/RP): Questa tecnica guida il bambino ad affrontare gradualmente le situazioni che gli causano ansia, senza mettere in atto le compulsioni. I genitori possono supportare il figlio durante queste esposizioni, monitorandone i progressi e incoraggiandolo.
  4. Supportare con i compiti a casa: Nella CBT, i compiti a casa sono fondamentali per applicare quanto appreso in terapia. I genitori hanno il compito di motivare il figlio e gestire il proprio stress durante questa fase delicata.
  5. Imparare tecniche di gestione dell'ansia: Strumenti come la respirazione diaframmatica o il rilassamento muscolare possono aiutare sia il bambino che i genitori a gestire situazioni di forte stress.

Un approccio familiare per risultati migliori

La terapia cognitivo-comportamentale che coinvolge la famiglia ha dimostrato di essere particolarmente efficace per i bambini con DOC, anche nelle fasce di età più giovani (5-8 anni). Coinvolgere i genitori e, in alcuni casi, i fratelli, consente di creare un ambiente più favorevole al cambiamento, riducendo il rischio di ricadute.

In conclusione, la famiglia non è solo un contesto in cui il disturbo si manifesta, ma può diventare una risorsa essenziale per il superamento del problema. Con il giusto supporto terapeutico e una maggiore consapevolezza, è possibile aiutare il bambino a ritrovare serenità e autonomia.

Dott.ssa Sara Di Febo
Psicologa Psicoterapeuta Pescara e Montesilvano


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